Virità, femminile singolare -plurale di Giusy Sciacca. Intervista all’autrice.
“Non ho potuto e in piedi
sono rimasta. Difficile
è cadere”.
Goliarda Sapienza, Ancestrale, La Vita Felice
“Qual è la verità? Domanda sbagliata. La verità non è mai solo
singolare, ma di certo è femminile”.
La Sicilia si sa è femmina o fimmina. Da qualsiasi angolatura si possa ammirare questa meravigliosa terra, sia dal punto di vista culturale che paesaggistico è femmina. La Sicilia è per eccellenza l’Isola – Femmina.
Femmina come la triscele, icona indiscussa che rappresenta la Trinacria. Simbolo antichissimo che dalla cultura indoeuropea arriva in Sicilia attraverso i greci marchiandola per sempre. Femmina come le tre ninfe girovaghe, come Medusa e la principessa libanese. Femmina come tutte le protagoniste di questo viaggio narrativo straordinario alla scoperta di storie e voci dimenticate o non raccontate abbastanza.
La raccolta scritta da Giusy Sciacca, pubblicata da Kalòs, ha lo scopo di narrare la verità che può essere parziale, collettiva o legata ad alcune donne, siano esse state nobili, schiave, regnanti, eretiche o criminali, donne artiste o donne di scienza, sante o ninfe. Tutte quelle donne a cui la letteratura non ha reso abbastanza giustizia, tornano in vita attraverso questi venti racconti per raccontare e raccontarsi. Lo scopo dell’autrice è quella di proporre una sfida audacie nei giorni di oggi: riuscire a dare voce a queste donne per farle rivivere in uno spazio narrativo condiviso che può diventare lo spazio di ogni lettore per conoscerle, ritrovarle, dialogare con loro, amarle e per non dimenticarle.
“Sono qui a testimoniarlo. Sono viva e morta, adesso a conferma che l’anima non muore! e io qui, ispirata ancora, muoio e rinasco, libera di volare sulle ali della poesia senza catene”.
Ogni protagonista parlerà in prima persona, racconterà la sua versione dei fatti, le sue pulsioni, le paure e le emozioni che l’hanno accompagnata.
Ognuna di loro ci racconterà della sua vicenda storica o leggendaria che hanno caratterizzato le pagine più appassionanti della Sicilia fino alla fine dell’Ottocento.
Ogni donna raccontata, stanca di essere stata dimenticata o fraintesa, prenderà la parola e inizierà a narrare per essere finalmente ascoltata e resa libera. Non ci saranno giudici o tribunali fatti da uomini. La loro voce dominerà la scena come se per un attimo tornassero in vita tutte quante per poter raggiungere finalmente la luce, attraverso le loro parole, e darci l’ultimo saluto.
Intervista all’autrice
1- Il tuo libro “Virità” pubblicato da Kalos è una ricerca e un viaggio continuo nella Sicilia attraverso la narrazione femminile. Che cos’è la “virità” come femminile singolare- plurale?
Virità” è un termine in dialetto siciliano descritto subito dopo nel sottotitolo: è “femminile singolare plurale”. Titolo e sottotitolo volevano essere inequivocabili, ma anche evocativi.
Tutto il volume ruota attorno al concetto di verità, spesso parziale e molteplice. Quello della verità è un concetto su cui potremmo dibattere molto. Ciò che volevo dire è che non esiste una verità esclusiva, quella tramandata, scritta e consolidata. Magari c’è una “verità emotiva” che poteva emergere solo dalla voce delle dirette interessate. Esiste quella singolare di ogni protagonista e, appunto, plurale del coro di tutte le donne unite dal filo della sorellanza attraverso il tempo e a prescindere dai contesti socio-culturali.
2- Le protagoniste dei tuoi racconti sono Aretusa, Santa Lucia, Cleopatra di Sicilia, Damarete di Agrigento e molte altre. Chi sono queste donne che racconti e cosa rappresentano per la Sicilia di oggi
e di ieri?
Sono donne dalle personalità affascinanti, appassionate, ma consapevoli. Ecco, le definirei consapevoli della loro condizione, di quelle che erano le loro possibilità e di quale fosse il loro stato d’animo rispetto alla realtà che le circondava. Per la Sicilia di ieri hanno segnato pagine epocali, anche se alcune sono più popolari di altre. Ma anche le meno conosciute sono state a loro modo protagoniste di momenti storici importantissimi. Per la Sicilia di oggi sono simbolo di una Sicilia femmina che non si è arresa mai.
3- La verità è uno strumento utilizzato da te al livello linguistico per rappresentare in chiave moderna l’anima femminile. Quali sono isuoi mezzi e i suoi canali? Cosa rappresenta per te la verità?
La parte stilistica e linguistica soprattutto è stata sfidante e avvincente. Dovevo rendere la narrazione efficace perché ho scelto di non fare differenze sociali e culturali, ma per poter essere credibile la loro lingua doveva essere autentica. La mia visione è egualitaria, dalle regnati al mito, dalle criminali alle artiste e alle sante. La prospettiva era una sola: spogliarle del ruolo, del titolo e della tradizione per renderle più umane possibile. E per fare questo mi sono avvalsa del racconto autobiografico, che molto si avvicina alla drammaturgia.
4- Il rapporto di oggi delle donne nella modernità quanto è connesso con la concezione dell’ideale femminile della storia e della nostra cultura tramandata e interiorizzata?
Credo si sia ancora nel pieno di un processo di liberazione. Abbiamo iniziato negli anni Settanta a rispolverare la storia internazionale delle donne. La storia non può essere solo quella dei manuali, quella dei comandanti e degli uomini di potere. In questo senso anche agli uomini gioverebbe liberarsi di uno stereotipo maschile inculcato dalla cultura patriarcale.
5- Virità diventa lo strumento per dare voce alle donne attraverso racconti intimi ed emotivi. Quanto ricordarle può aiutare a renderle eterne e immortali ed esempio per la società di oggi?
È importante per non dimenticare, per ricordarsi da dove arriviamo e chi siamo ancora oggi. Ritengo sia fondamentale la consapevolezza di raccogliere l’eredità culturale di donne dal profilo interessante e
così legato alla nostra storia, la storia italiana intendo.
Le protagoniste che ho ridisegnato a partire dai fatti storici realmente accaduti vivono sulla propria pelle hanno segnato non solo la storia siciliana, ma quella mediterranea in senso lato. E con l’immaginazione si rende la possibilità di un riscatto e far parlare chi non aveva potuto farlo. Solo che il contesto è quello dell’epoca, la sensibilità è quella contemporanea. Penso che questo passaggio possa riconsegnare alla società di oggi esempi del passato rendendolivicini, umani, vivi.
6- A proposito di quello che hai scritto, affermi tu stessa che - «delle protagoniste ho cercato di interpretare il sentire, ciò che non hanno detto o non è stato sufficientemente ascoltato. Non hanno mai parlato così o non era stato permesso loro di parlare in alcuni precisi momenti. Adesso, sì.» -. Cosa vuoi che rimanga della loro voce e di quanto raccontano?
Vorrei che rimanesse la consapevolezza e il dubbio, la curiosità. La consapevolezza che c’è ben oltre la storia che abbiamo appreso sui banchi di scuola. Oltre i fatti ci sono i sentimenti, le persone. E poi la curiosità di continuare a conoscere, leggere e scoprire sulle stesse protagoniste di Virità e molte altre figure ancora.
7- Quale figura femminile che racconti è la tua preferita e perché?
È difficile sceglierne solo una. Le ho amate tutte e mi innamoro ogni volta. Mi dispiace per quelle che non sono riuscita a includere. È stato uno scambio reciproco entrando e uscendo da ognuna di loro. Personalità complesse, determinate, coraggiose e coerenti anche quando hanno adottato un comportamento non del tutto esemplare. Tra le venti ci sono una criminale (con le sue ragioni!), avventuriere e un’esorcista. Mi ritrovo molto in almeno due di loro e per motivi opposti anche. Due aspetti di me che convivono insieme a molti altri. Damarete, che ammiro molto per la femminilità cosciente e il carisma, per la sua attenzione ai bambini e Costanza che nel suo straziante addio alla Sicilia mi commuove tutte le volte perché a bordo di quel vascello è come se ci fossi io.
8- Quando e come hai deciso di raccontare le loro storie?
Non saprei indicare un momento in cui ho cominciato a raccogliere materiale. La scrittura invece è iniziata due anni fa circa con un monologo scritto per il teatro. La mia prima protagonista, infatti, è
stata Peppa la Cannoniera, pensata per un’attrice catanese. Lì ho capito che “la voce” che io avevo immaginato funzionava. Bisognava però trovare una forma, un contenitore capace di accogliere la mia narrazione “ibrida”. Il solo monologo, la sola scrittura per il teatro, per quanto efficace però non mi bastava. Io volevo narrare anche tutto il contesto, volevo corredare il personaggio con una serie di informazioni storiche e di contesto che altrimenti sarebbero andate perse. La narrazione in prima persona rappresenta in questo modo il compromesso ideale tra la drammaturgia e la narrazione.
9- Cosa pensi si possa fare oggi per non dimenticare figure così importanti?
Parlarne, di certo. In un certo senso facendole ruotare sotto luci diverse. A mio avviso è guardando ogni personaggio da angolature diverse che si può renderle tridimensionale, umano e apprezzare
dettagli che nelle immagini appiattite tramandate dai manuali distoria non coglieremmo mai.
Giusy Sciacca, nata a Lentini, vive tra Roma e Siracusa. È controllora del traffico aereo (e ci tiene all’uso del femminile!), autrice di racconti, romanzi, testi teatrali e oggi si occupa di progetti di implementazione tecnologica. Ha fondato il blog Parola di Sikula, dedicato ai libri e alla cultura. È ideatrice e curatrice del Premio Nazionale di Poesia Sonetto d’Argento Jacopo da Lentini. Scrive di cultura in molti giornali, incluso il nostro. L’abbiamo raggiunta in Sicilia per farci raccontare del suo ultimo libro Virità, femminile singolare-plurale (Kalòs, 2021).
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