Bodies di Christine Anne Foley,Un romanzo che brucia, una voce che incide. Il desiderio femminile come atto sovversivo
- Giusy Laganà
- 30 giu
- Tempo di lettura: 3 min
Corpi come confessioni. Desideri come battiti. Una voce femminile che brucia.

Ci sono libri che ti chiamano per nome. Che sembrano sapere chi sei, anche prima che tu li apra. Bodies è uno di quei romanzi. Una lettura carnale, disturbante, magnetica. Una confessione a porte chiuse che si legge tutta d’un fiato, con addosso la sensazione precisa di stare violando qualcosa di sacro – o forse di troppo umano.
Charlotte, la protagonista e voce narrante, non è una donna che cerca redenzione. È un corpo che attraversa altri corpi: li desidera, li rifiuta, li consuma. Li usa per riconoscersi e per perdersi, in un’altalena continua tra piacere e autodistruzione. I suoi amanti – ragazzi teneri, uomini violenti, sconosciuti, amici – non hanno nome, non hanno volto: sono strumenti, riflessi, interruzioni.
Il sesso, in Bodies, non è mai gratuito, mai decorativo. È linguaggio, potere, dipendenza. È rabbia e sopravvivenza. Christine Anne Foley scrive con una lucidità feroce, alternando immagini liriche a fendenti narrativi che arrivano dritti allo stomaco. La sua prosa è tesa, viva, scomoda. Bellissima, proprio perché non cerca mai di esserlo. La sessualità, nel romanzo, non è mai edulcorata. Foley non scrive per sedurre il lettore, ma per disarmarlo. Charlotte vive il desiderio come potere e come dipendenza, in un'alternanza continua di controllo e abbandono, dominazione e vulnerabilità. È vittima, ma anche carnefice. È sempre consapevole. Eppure, sempre sull’orlo. La narrazione si sviluppa in forma frammentata, quasi diaristica, con capitoli brevi e densi come aforismi. Il flusso di coscienza domina il ritmo, senza seguire un vero arco temporale: è come se Charlotte scrivesse direttamente dal corpo, più che dalla mente. In questo, Bodies ricorda molto certe pagine di Annie Ernaux o di Claire-Louise Bennett, ma con una carica erotica e autodistruttiva che la rende unica nel panorama contemporaneo.
Quello che colpisce, più di tutto, è la capacità dell’autrice di raccontare il desiderio femminile nella sua forma più vera: contraddittoria, oscura, viva. Bodies è un romanzo che non cerca di spiegare o giustificare. Ti trascina nel buio e nella luce, nel dolore e nell’orgasmo, nei traumi che si accumulano senza mai trovare voce. Ma Charlotte – la sua voce, spietata e fragile – ci mostra che forse non serve trovare una soluzione. Forse serve solo dirsi. E finalmente, ascoltarsi.
“Raggiungevo l’orgasmo con l’immagine di una mano sulla mia gola o di dita che mi prendevano per i capelli. E allora, alla fine, mi sentivo potente.”

Bodies è un’esperienza. È letteratura che pulsa. È uno di quei libri da cui non si esce indenni. Atlantide Edizioni si conferma ancora una volta casa di scelte coraggiose, capaci di aprire spazi dove la narrativa femminile non solo esiste, ma grida, ama, scava. Un libro che consiglio con cautela, ma anche con gratitudine. Perché a volte leggere significa ferirsi. E guarire.
Christine Anne Foley, irlandese, è un nome da tenere d’occhio: Bodies è il suo debutto, e già rivela una voce fortissima, originale, letteraria nel senso più autentico. Il suo stile è lirico ma tagliente, capace di creare immagini che restano impresse nella pelle prima ancora che nella mente. In patria, il romanzo ha fatto molto parlare di sé, indicato da più testate come un It Girl Book of the Year – ma non pensate a un prodotto pop: Bodies è sovversivo, letterario, oscuro. E Atlantide Edizioni, ancora una volta, conferma il proprio ruolo di editore capace di intercettare narrazioni fuori dal coro, di qualità altissima e dalla forte identità.
"Rimanevo sdraiata lì, nel buio, nella luce, giorno, notte, e mi toccavo e tu mi apparivi davanti. Tu. O lui. Chiunque. E immaginavo il mio corpo, nudo, piegato in avanti o supino. E mi toccavo, prima con lentezza, dolcemente, poi sempre più veloce e selvaggia, raggiungevo l’orgasmo con l’immagine di una mano sulla mia gola o di dita che mi prendevano per i capelli e allora, alla fine, mi sentivo potente”.
Se dovessi trovare un filo rosso che unisce tutta la narrazione, direi che Bodies è una lunga lettera che Charlotte scrive a se stessa. O a quel trauma originario che non può essere detto apertamente, ma che è ovunque, dietro ogni orgasmo, ogni abbandono, ogni umiliazione cercata. È un romanzo che parla di sesso, ma in realtà parla di dolore, di identità, di libertà.
Lo consiglio a chi cerca nella lettura un’esperienza, più che una trama. A chi non ha paura di esplorare l’ambivalenza del desiderio, l’ambiguità delle relazioni, la complessità di essere donna oggi. E a chi crede che la letteratura debba, ogni tanto, scuoterci nel profondo.
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