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Giusy Laganà

Trema la notte - di Nadia Terranova, la vita che pulsa ostinata dopo la catastrofe


"C'è qualcosa più forte del dolore ed é l'abitudine. Al dolore non ci si abitua, dicono, ma non é vero: al dolore si abituano tutti, a causarlo, a riceverlo, in una diluizione quotidiana invisibile e anestetica".

Nadia Terranova, torna in libreria dopo Gli anni al contrario (2015, Einaudi) e Addio fantasmi (2018 Einaudi), torna con una nuova forte storia, seppur dolorosa, meravigliosa e intensa. Un libro che racconta due esistenze tra di loro casualmente unite e al tempo stesso differenti, dopo una catastrofe devastante che modifica la loro quotidianità e i loro affetti.

E' la storia di Barbara, intrecciata a quella di Nicola, due età diverse, due rive opposte dello Stretto, costrette a misurare i propri miti e le proprie leggende, specchiandosi a turno nel mare.

É la notte del 28 dicembre 1908 a cambiare per sempre i lori destini e le loro prigioni fino quasi a rimpiangerle, quando un furioso terremoto devasta le due terre vicine, la Sicilia e la Calabria causandone un indimenticabile maremoto.

Il sogno di un futuro libero, emancipato e roseo, finisce proprio quella notte che la terra inizia a tremare, distruggendo tutto e portando altra violenza.


Mi é sempre stato raccontato così il mare, fin da bambina. Un nemico che si solleva, un vuoto che ti risucchia, un pericolo imminente, la terra che vibra, la sua forza implacabile, l'impotenza di chi rimane a guardare. Sono cresciuta con i racconti di quella notte del 28 dicembre 1908 tramandati di generazione in generazione, dicendomi che persino le conchiglie erano state ritrovate in montagna a Gambarie, e che Reggio e Messina erano state distrutte. Fin dalla mia infanzia ho ascoltato con curiosità i racconti di quella forza distruttiva incontrollabile della natura contro l'uomo.

Il mare aveva assecondato la forza della terra e delle sue profondità distruggendo ogni cosa.

Ho sempre guardato quel mare, lato mio dalla sponda reggina durante le estati trascorse lì da ragazzina, con paura e rifiuto, trasformandolo nel mio peggior incubo, nel mio peggior fantasma che ancora oggi, dopo quasi trentacinque anni, torna spesso a perseguitarmi nei miei incubi.

Il dolore, una volta che devasta ogni speranza, può solo trasformarsi in qualcos'altro, anche in una possibilità inattesa, come un fiore che riesce a sbocciare laddove c'è stata la guerra.

Pochi istanti che rimarranno indelebili a cambiare le esistenze di Barbara e Nicola, in mezzo alle rovine per accettare che la vita é anche questa: del tutto imprevedibile, poco programmabile, con un inizio e una fine, con attimi felici e momenti di dolore, ma con il bisogno di continuare a pulsare con forza, nonostante tutto.

"Ho trascorso su questa riva tutte le notti della mia vita, e del mio finto orizzonte conosco ogni inganno: gli occhi di chi nasce davanti al mare si perdono all'infinito, ma il mio mare é diverso, ti spinge indietro come uno specchio".

E' la storia di Barbara, giovane ragazza ventenne, e di Nicola, undicenne tanto desiderato dai genitori Maria e Vincenzo Fera, ma anche di Messina e di Reggio Calabria, del prima e del dopo il devastante terremoto del dicembre 1908, che polverizzò la città e fece ottantamila morti, un "dicembre di uragani e mare avvelenato", come scrisse Quasimodo.


Nicola è un bambino e una famiglia che oggi definiremmo disfunzionale, con un padre assente e una madre ansiosa e ossessionata dalla religione a tal punto da costringere il figlio a dormire in una bara nel seminterrato. Quando guarda fuori dalla finestra, nei momenti liberi, é un bambino che sogna di emanciparsi dal potere a cui é sottoposto, pur essendo riconoscendo dell'immenso affetto di cui é ricco.


Barbara é una sognatrice, rifiuta il matrimonio combinato imposto dal padre per aspirare a un futuro libero ed emancipato dedito alla cultura e alla letteratura, magari realizzandosi come scrittrice.

Dopo la morte della madre in tenera età, suo padre é diventato il suo principale tutore assumendo le sembianze più di un "controllore" che quella di un'affettiva figura paterna. Al suo fianco la nonna dalla quale prende il nome, una donna forte che incoraggia l'istruzione della nipote fino a rivelarsi assertiva nei confronti delle idee paterne.

Mentre il terremoto distrugge il presente di tutti, per Barbara e Nicola cancella anche il loro passato. La morte e il dolore, interiore e straziante, diventa espressione di una solitudine intensa difficile da comunicare. Nicola non riuscirà per qualche tempo a parlare, mentre Barbara cambierà la sua esistenza per sempre dopo aver provato a uccidersi la notte della devastazione e finendo, per un maledetto errore, nelle mani sbagliate.

La morte diventa uno sguardo collettivo di cui fanno esperienza tutti, incarnandosi non solo nelle vittime ma anche nelle regole morali che spariscono, negli stupri e negli atti di sciacallaggio, causando un dolore ancora più forte di quanto appena verificato e vissuto.

Ma la vita continua a farsi sentire e, dopo la violenza degli uomini, esplode ancora per far nascere la gioia e trovare un nuovo posto nel mondo, lontano dalle esistenze che si erano immaginate.


Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma più somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente.

Nonostante siamo in epoche diverse, la riflessione che s'impone dinnanzi alla devastazione e al dolore é fruibile dal punto vista sociologico, e non solo letterario. Davanti a quello che stiamo vivendo, la speranza di poter accettare la difficoltà per far germogliare qualcos'altro delinea una speranza ben più forte di ogni altro giudizio.

Scrittrice italiana (n. Messina 1978). Laureata in Filosofia, dopo aver conseguito il dottorato in Storia moderna, ha iniziato a scrivere libri per l’infanzia, tra questi: Bruno: il bambino che imparò a volare (2012), Storia d’agosto, di Agata e d’inchiostro (2012), Le nuvole per terra (2015), Casca il mondo (2016). Vincitrice del Premio Bagutta Opera Prima con il suo primo romanzo Gli anni al contrario (2015), tra le sue opere successive si citano Addio fantasmi (2018, finalista al Premio Strega 2019), Omero è stato qui (2019), Come una storia d'amore (2020), entrambi nel 2021, Caravaggio e la ragazza e Il segreto, e Trema la notte (2022). Docente della Scuola del libro di Roma, collabora con testate quali Repubblica, Internazionale e Il Foglio.


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