Ci sono mani che odorano di buono - di Sara Gambazza
"Ma l'amore non fa paura, l'amore é l'antidoto, la polvere di fata che ti permette di volare sopra il marciume"
Ci sono mani che odorano di buono di chi ha vissuto nella miseria senza rancore per le sue radici. Ci sono gli occhi, quelli di Marta che abita al Cinghio, quartiere popolare di Parma, che un pomeriggio d'inverno, osserva dalla sua finestra Bina, una signora anziana di ottantratre anni tutta sola all'interno della piazzetta, esposta al freddo, agli occhi indiscreti e alla pericolosità di chi é abituato a vivere in quel quartiere. Ci sono occhi che guardano e che non fanno nulla e ci sono le mani di Marta che prendono il cappotto e invitano Bina a venir dentro casa per scaldarsi, per capire come mai una donna così anziana é lì da ore.
Sara Gambazza racconta, con il suo romanzo d'esordio, la storia di chi non piange mai perché piangere non serve a raddrizzare tutto quello che è nato storto. Racconta cosa significa vivere al Cinghio, per la povertà e per il rischio che si corre addentrandosi tra le sue vie. Racconta di Bina che aspetta per ore il nipote Fabio che non si presenta all'appuntamento, ma rimane coinvolto in un pestaggio degli uomini di Marrone. Talmente massacrato e senza casa che trova rifugio nella palazzina dove abita l'ex prostituta del quartiere, Genny.
Racconta di Marta, rimasta sola con un passato difficile e una sorella che é andata via. Racconta di vite disperate in un romanzo di ultimi ai margini, di creature stanche dalla vita, a cui é rimasto poco in cui credere. Tutti uguali quelli del Cinghio, buoni a far niente, uomini e donne misere, senza speranza.
Se vivi al Cinghio, tra casermoni di cemento e desolazione, tieni ben chiusa la porta: ci si abitua a proteggersi, a serrare fuori l’esterno, non solo da casa ma anche dal cuore. Ci sono giornate piene di fatica, di catena di montaggio, di freddo, di soldi che non bastano, di appartamenti sistemati con quello che c’è, di nostalgia per un calore lontano. La disperazione è fatta così, chiude le porte, nei palazzi e nei sentimenti. Ci si guarda, sempre all’erta, a sbirciarsi dallo spioncino, a scrutare il parchetto davanti, dove quelli ancora più disperati portano problemi e paura.
“È un formicaio il quartiere, fitto di case popolari, abitato da un campionario d’umanità che si somiglia per necessità e disperazione. Tutti uguali quelli del Cinghio, senza speranza, buoni a far niente, costretti a pensarsi con le convinzioni di chi nasce altrove, a vedersi con gli occhi di chi non sa cosa sia la miseria”
Con l'arrivo di Bina, Marta riscopre la bellezza di prendersi cura degli altri. Buca la solitudine e riesce a far entrare la luce necessaria nelle crepe dimenticate in un abbraccio sincero. Si affeziona all'idea che dare é molto di più di ricevere e alla bontà, quando la si incontra per caso. Marta accoglie Bina, la scalda con un tè, le offre il suo letto, i gesti goffi di chi si ritrova spaccata e resa aspra dalla vita, piena di bisogni, ma in imbarazzo davanti alla fragilità di dita nodose.
Leggendo "Ci sono mani che odorano di buono" di Sara Gambazza, si riscopre uni dei valori più importanti, il principio che bisognerebbe sempre seguire: fare le cose con amore aiuta a vivere meglio nonostante la solitudine e la povertà. Perché la vergogna della miseria rimane attaccata addosso come una cicatrice che brucia anche sotto i vestiti, ma rivela l'umanità nella sua interezza, oltre ogni pregiudizio morale. Una storia toccante che tocca corde fragili e nascoste, rivela il senso di vergogna travestendolo nel migliore dei modi senza perdere quella luce negli occhi che ti permettono di fare grandi cosi, come scrivere un libro.
Sara Gambazza è nata a Parma e vive a Noceto dove fa l’infermiera. Ci sono mani che odorano di buono è il suo primo romanzo, nato ripensando con tenerezza e nostalgia a un importante periodo della sua vita.
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