La seminatrice di coraggio di Antonella Desirée Giuffrè -Quando la forza nasce dal silenzio delle donne
- Giusy Laganà

- 5 nov
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 6 nov

Ci sono libri che ti chiamano, che ti arrivano in un momento preciso della vita e ti prendono per mano, quasi volessero dirti: “Guarda che puoi essere più forte di quanto credi.” Ecco, La seminatrice di coraggio di Antonella Desirée Giuffrè per me è stato proprio questo.
Ho iniziato a leggerlo una sera, attratta solo da quella copertina che profuma di vento di Sicilia e dal titolo che già prometteva forza. Dopo poche pagine, ero completamente dentro la vita di Maria Roccaforte, una donna che all’inizio sembra solo una giovane sposa ingenua, piena di sogni, ma che pagina dopo pagina si trasforma in un simbolo silenzioso di resistenza e rinascita.
Maria lascia il mare della sua Ragusa per seguire il marito Pietro in un paesino dell’entroterra. Lui parte per la guerra, e lei resta sola in una grande tenuta, circondata da diffidenza, fatica, e da una terra che non perdona. Ma è proprio lì, in quella solitudine, che Maria trova sé stessa. Non più solo moglie, non più solo “signora”, ma donna, che impara a zappare, a gestire, a scrivere lettere, a lottare — e soprattutto a seminare coraggio, dentro di sé e nelle altre. Pagina dopo pagina, l’ho vista cambiare: da ragazza inesperta a donna capace di affrontare la vita a testa alta. Maria impara a gestire la terra, a guadagnarsi il rispetto delle contadine, a scrivere lettere che diventano ponti tra chi resta e chi combatte. Le parole di Antonella Desirée Giuffrè sono delicate ma potenti: riescono a farci sentire ogni passo, ogni gesto, ogni battito di questa trasformazione silenziosa.
Ciò che mi ha colpito di più non è stato tanto l’intreccio in sé, ma il modo in cui l’autrice riesce a trasformare ogni gesto quotidiano in un atto di ribellione gentile. Quando Maria scrive, quando affronta lo sguardo duro delle contadine, quando rifiuta di piegarsi al ruolo che la società le impone, io mi sono sentita lì con lei. C’è un momento, senza spoilerare troppo, in cui Maria prende finalmente in mano il proprio destino — e ho sentito un nodo alla gola. È una scena semplice, ma è come se tutta la sua evoluzione si condensasse in quell’istante.
La Sicilia raccontata è viva, ruvida e bellissima. Non è la cartolina luminosa che spesso ci viene proposta, ma una terra fatta di sudore, di attese, di voci di donne che resistono. La senti quasi sotto le dita: l’odore della terra, il suono dei passi, il fruscio delle lettere che viaggiano tra il fronte e le campagne. Mi ha ricordato quanto la scrittura femminile sappia essere concreta e poetica insieme — radicata nella realtà ma capace di trasformarla. E poi ci sono le lettere. Quelle tra Maria e Marcello, un soldato lontano, sono tra le pagine più belle del romanzo. Non tanto per la storia d’amore (che pure c’è, e fa battere il cuore), ma per come mostrano la potenza della parola scritta: due anime che si cercano con la sola forza dell’inchiostro, mentre il mondo crolla intorno. È una tenerezza che non sconfina mai nel sentimentalismo, ma resta profonda, autentica, piena di vita.
Mi è piaciuto molto anche il modo in cui il titolo prende senso man mano che si legge. “Seminare coraggio” diventa una metafora fortissima: perché il coraggio, come i semi, va messo nella terra, curato, aspettato. Non nasce dall’eroismo, ma dalla perseveranza. E alla fine del libro ho sentito che anche io, nel mio piccolo, avevo raccolto qualcosa da quella semina.
Se dovessi trovare un difetto — ma più che difetto è una sfumatura — direi che in certi momenti la narrazione è un po’ lenta, come se Giuffrè volesse farci assaporare ogni respiro, ogni pensiero di Maria. Però ho imparato a lasciarmi andare a quel ritmo: è la lentezza della vita vera, quella che ti costringe a guardarti dentro.
Quando ho chiuso l’ultima pagina, ho provato quella sensazione rara e preziosa: la nostalgia di un personaggio che ormai ti appartiene. Maria è diventata una presenza, una voce che mi sussurra di non smettere di credere nella mia forza, anche quando il mondo sembra chiudersi intorno.
E credo che questo sia il dono più bello che un libro possa fare.
Consiglio “La seminatrice di coraggio” a chi ama le storie di donne che cambiano senza rumore, a chi sente il bisogno di ritrovare la propria voce, e a chi ha voglia di immergersi in una Sicilia antica ma incredibilmente attuale. È un romanzo che profuma di terra, di lettere, di rinascita. Un libro che ti fa capire che la libertà, a volte, comincia da un seme.
Il titolo è perfetto. “Seminare coraggio” è un gesto che richiede pazienza e fiducia. Non basta gettare un seme, bisogna curarlo, aspettarlo, crederci. E Maria, con la sua vita, ci insegna proprio questo: che il coraggio non è l’assenza di paura, ma la scelta di andare avanti nonostante tutto.
Consiglio “La seminatrice di coraggio” a chi ama i romanzi che parlano di donne vere, di radici, di speranza. A chi crede che la gentilezza possa essere rivoluzionaria. A chi ha voglia di rallentare, di ascoltare le proprie emozioni e lasciarsi cullare da una scrittura dolce e piena di verità.






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