Il maestro e Margherita: il realismo magico dell’assurdo come viaggio letterario tra il sacro e il profano
- Giusy Laganà
- 7 lug
- Tempo di lettura: 5 min
«Ti prego, credimi: l’amore è arrivato da noi così, come arriva un assassino nella notte, come un uragano, come un terremoto. Era un colpo che ci colpì entrambi subito. Così si ama una sola volta nella vita.»

Ci sono libri che si leggono, e poi ci sono quelli che si abitano. Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov appartiene senza dubbio alla seconda categoria: un romanzo che non si limita a raccontare una storia, ma che crea un universo letterario dove ogni pagina è una porta che si apre sull’incredibile.
Come appassionata lettrice, ho terminato questo capolavoro con una sensazione rara e preziosa: quella vertigine che solo la grande letteratura sa dare, quella di essere stata dentro un sogno collettivo, sospeso tra il demoniaco e il divino, tra la satira e la redenzione. Ho amato profondamente questo amore impossibile, che non chiede il permesso alla realtà, che non si accontenta della rassegnazione. Un amore che non accetta la fine, che osa attraversare l’inferno pur di restare vivo. Margherita, in particolare, mi ha conquistata: una donna che si ribella a ogni ruolo, che vola nuda sulla città senza vergogna, che accetta di diventare strega per salvare l’uomo che ama. Un amore che non elemosina, che non si adatta: un amore che lotta. Il Maestro, fragile, spezzato, disperato è il simbolo struggente dell’artista e dell’uomo che ha perso tutto. Tranne una cosa: il suo legame con lei. Quando Margherita lo ritrova, quando Woland li riconsegna l’uno all’altra, non è il paradiso che ricevono. È una semplice, eterna pace. Ma dopo tanta tempesta, è la forma più pura di felicità.
Bulgakov scrive in un’epoca in cui la libertà creativa era costantemente sotto assedio, eppure riesce a comporre un affresco letterario che sfugge a ogni gabbia. Il suo romanzo non è solo una critica corrosiva al regime sovietico e alla piccineria della burocrazia atea e materialista dell’epoca. È un inno all'immaginazione, un’opera ribelle che trasforma l’assurdo in chiave di lettura del reale. Il realismo magico dell’assurdo, che pervade ogni riga del libro, si manifesta fin dall’arrivo del misterioso professor Woland e della sua bizzarra corte a Mosca. Satana – perché di lui si tratta – non porta il caos: lo rivela. Con ironia tagliente e una dose esilarante di soprannaturale, Woland mostra agli uomini lo squallore delle loro vite, i loro compromessi morali, le meschinità quotidiane. E lo fa con spettacoli teatrali stregati, gatti parlanti, trasformazioni impossibili, e una logica che sembra rovesciare il mondo e invece lo mostra nella sua forma più nuda.

«Che cosa farebbe la tua bontà se non esistessero il male e i malvagi? [...] Ma i malvagi e ciò che essi compiono sono necessari alla terra quanto la pioggia e quanto il concime per i seminati.»
Ma Il maestro e Margherita non è solo satira o allegoria politica: è anche, e forse soprattutto, una struggente storia d’amore e di salvezza. La figura di Margherita, con la sua forza inquieta e la sua determinazione a salvare il Maestro, è una delle più belle e complesse della letteratura russa. La sua discesa all’inferno – in una notte di stregoneria e voli surreali su Mosca – è la metafora perfetta dell’amore che sfida ogni legge razionale, ogni vincolo sociale, ogni paura.
Il romanzo è costruito come un mosaico in cui convivono molteplici piani narrativi: la Mosca degli anni '30, la Gerusalemme del processo a Gesù, la dimensione demoniaca del sabba e la fragile umanità dei due protagonisti, il Maestro e Margherita. Eppure tutto si tiene, come in una sinfonia in cui ogni elemento, anche il più bizzarro o grottesco, trova il suo posto armonico.
«Mai chiedere nulla. Mai e poi mai, e in particolare a coloro che sono più forti di voi. Se ti danno qualcosa, accettalo. Ma non chiederlo. Mai.»
Bulgakov non chiede di “credere” a ciò che racconta. Ci chiede di accettare che la realtà può contenere l’assurdo, e che spesso è proprio ciò che è irrazionale – ciò che sfida la logica e le convenzioni – a restituirci il senso più autentico delle cose. Tra le tante anime che abitano il romanzo di Bulgakov, nessuna risplende quanto quella del Maestro e di Margherita. Due personaggi sospesi tra realtà e metafora, tra tragedia umana e mito letterario. Sono l’asse intorno a cui ruota tutto il romanzo, il cuore che batte al centro della macchina narrativa e visionaria di Bulgakov. L’amore tra il Maestro e Margherita è uno dei cuori pulsanti del romanzo: un amore totale, fuori dal tempo, romantico ma anche struggente, quasi mistico.
"Contro tutto, per amore: due personaggi che sfidano l’assurdo"
Il Maestro è l’archetipo dello scrittore perseguitato, l’artista puro che non riesce a sopravvivere nel mondo cinico e controllato della Mosca sovietica. È un uomo fragile, spezzato dalla paura, dal rifiuto, dall’isolamento, vittima dell’oppressione culturale e politica. Il suo manoscritto – un romanzo su Ponzio Pilato e il processo a Gesù – è stato bruciato, e con esso sembrano essersi dissolte anche le sue speranze, la sua identità, la sua stessa volontà di vivere.
Eppure, proprio quando tutto sembra perduto, entra in scena Margherita. «Il Maestro trovò finalmente la pace. Ma non da solo. Accanto a lui c’era Lei, colei che lo amava e che, per amore, aveva affrontato l’inferno». Margherita è una delle figure femminili più potenti e affascinanti della letteratura del Novecento. Bulgakov le dona una forza luminosa e oscura insieme, un’energia che rompe gli argini del tempo e della morale. È una donna che ama senza misura, che sfida le leggi naturali, che vola nuda sopra la città per riconquistare il suo amore. È strega e salvatrice, regina del sabba e simbolo dell’amore assoluto. L’incontro tra il Maestro e Margherita non è solo passione romantica. È un legame mistico, scritto nel destino, un amore che non si lascia piegare dalla censura, dalla follia, dalla morte stessa. È Margherita a stringere un patto col Diavolo non per il potere o la vendetta, ma per riportare in vita l’uomo che ama. Non è la vittima della seduzione, ma la protagonista della salvezza. Margherita sceglie, agisce, combatte.
«Mi sono innamorata di lui perdutamente, in modo irrevocabile. Il mio amore era così forte, così soverchiante, da non lasciarmi via d’uscita: o lui, o la morte.»
Il loro amore ha un che di dantesco, eppure è profondamente terreno: sensuale, struggente, tragico. Quando finalmente si ricongiungono, nell’ultima parte del romanzo, ciò che viene loro concesso non è il Paradiso, ma “la pace”. Una pace silenziosa, eterna, lontana dalla crudeltà del mondo, ma anche dalla gloria e dalla luce. Bulgakov non li premia con la vittoria, ma con la possibilità di non essere più separati. E in questa rinuncia alla salvezza spettacolare, c’è qualcosa di profondamente umano e commovente.
Il Maestro e Margherita rappresentano l’idea che l’amore vero non è quello che vince, ma quello che resiste. Che attraversa il fuoco, la follia, il tempo. E che, alla fine, merita almeno un frammento di quiete.
Leggere Il maestro e Margherita è un’esperienza che cambia. Cambia il modo in cui guardiamo al potere, al libero arbitrio, alla letteratura stessa. È un romanzo che ci insegna che anche nel cuore dell’oppressione può sopravvivere un’anima libera, che anche tra le fiamme si può volare, che l’amore – quello vero – è un patto eterno che neanche il diavolo può spezzare. Un viaggio letterario indimenticabile, che consiglio a chiunque cerchi nella lettura non solo evasione, ma anche visione. Il Maestro e Margherita è stato per me proprio questo. Un’esperienza, un viaggio vertiginoso, una ferita luminosa. Più che leggerlo, l’ho abitato. E dentro, tra le pieghe della satira feroce, della magia nera, delle visioni più assurde e delle città che si aprono come teatri, ho trovato una storia d’amore che mi ha tolto il fiato. Se c'è qualcosa che porto via da questo capolavoro, è questa certezza: che a volte, nel cuore dell’assurdo, possiamo trovare le verità più profonde. E che esistono amori che neanche il diavolo può spezzare.
«Lui che amava i romanzi finiti, ora aveva trovato la pace. [...] La sera era arrivata. Le stelle brillavano. E in quella quiete eterna, con la luna che li seguiva, il Maestro e Margherita camminavano tenendosi per mano…»
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