Gli affamati - L'esordio di Mattia Insolia
"Eravamo malati di desiderio. Scintille nel buio, abbiamo illuminato la notte e siamo bruciati di incanti e meraviglie".
Antonio e Paolo sono fratelli, diciannove e ventidue anni. Vivono da soli da quando il padre è morto con la testa fracassata da un televisore che gli è caduto addosso mentre era ubriaco e la madre li ha abbandonati quando erano solo due bambini. La rabbia che c'è in loro è nascosta da giornate apparentemente tutte uguali tra indifferenza, apatia e confusione mentale. Non si capisce in quale direzione si vuole andare e il futuro che si vuole costruire.
Insieme condividono una quotidianità precaria fatta di una vita sregolata con piatti sporchi nel lavandino, immondizia nel giardino di casa, un manico di scopa per cambiare canale e tanto disagio disseminato per casa.
Quello che possono fare é vivere alla giornata in un piccolo paesino, una periferia immaginaria nel centro Sud.
È estate, Antonio cerca un lavoro e Paolo prova a tenersi stretto il proprio.
La loro vita procede senza avvenimenti speciali. Nottate con gli amici, feste, giornate al mare, serate di alcol, sesso e droga. Poi, improvvisamente, qualcosa si spezza. Quasi come per una congiura astrale e meschina, vecchi scheletri saltano fuori dall’armadio, mostri del passato seppelliti in malo modo: il ritorno della madre, un vecchio amore sopito che bussa alla porta, crimini di cui non si è mai scontata la pena si affacciano all’orizzonte. E tutto dev’essere rimesso in discussione.
Ma cosa li rende affamati?
E' l'ingiustizia di una società che non lascia scampo. Il complesso di inferiorità di Antonio che tra i due fratelli é quello che studia e che cerca una briciola di stabilità in un ambiente marcio e instabile.
Sono affamati di impulsi e di istinti, di ansie di riscatto seppure intrappolati all'interno delle loro paure e del loro contesto malato dove la precarietà e la povertà dettano legge. E' la rabbia a renderli tali.
La loro incertezza seppur accettata e temuta al tempo stesso é una galera dal quale è difficile uscirne.
Mattia Insolia, pubblica per Ponte alle Grazie, un libro che può essere annoverato nella corrente letteraria del Cannibalismo.
La fame dei due protagonisti racconta un mondo e uno spaccato di vita dove il marcio limita gli animi dei personaggi incatenandoli a esistenze difficili e marginali.
Un libro che non lascia scampo al lettore e che lo travolge con la stessa fame di Antonio e Paolo.
Mattia Insolia (Catania, 1995) si è laureato in Lettere a La Sapienza di Roma con una tesi sul movimento letterario dei Cannibali italiani, ha proseguito gli studi in Editoria e ha pubblicato racconti per antologie di vario genere. Negli anni ha scritto per diverse riviste di cultura e oggi collabora con L’Indiependente, per cui si occupa di critica letteraria e cinematografica. Gli affamati è il suo romanzo d’esordio. Mattia Insolia potrebbe essere annoverato nel filone del Cannibalismo letterario, sorto a metà degli anni Novanta e aventi esponenti Niccolò Ammaniti, Aldo Nove, Enrico Brizzi.
Un esordio in grande stile il suo, da grande autore affermato e non semplicemente da emergente.
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