Non è mai troppo tardi per un nuovo proposito, I buoni propositi di Sabrina Gabriele
- Giusy Laganà

- 24 ott
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 5 nov

Ci sono libri che ti conquistano non per quello che dicono a voce alta, ma per ciò che lasciano sussurrare dentro di te. I buoni propositi di Sabrina Gabriele è uno di quei romanzi che non gridano, non cercano di stupire, ma ti prendono per mano con dolcezza e ti portano a camminare dentro la vita — la tua, quella degli altri, quella che spesso lasciamo in sospeso tra un sogno rimandato e un ricordo che non abbiamo mai avuto il coraggio di guardare fino in fondo.
La storia ruota attorno a Vanni Maestri, libraio bolognese che ha fatto della libreria di via de’ Coltelli il suo rifugio e la sua seconda pelle. Ogni anno, i clienti lasciano tra le pagine dei libri usati un foglietto con un buon proposito per l’anno nuovo. È un gesto tenero, quasi infantile, che Vanni custodisce come se quei desideri anonimi fossero suoi. Ma quando la giovane Agata, sua assistente, trova un biglietto antico e dimenticato, qualcosa si incrina. Il passato torna a bussare, e da quel momento la libreria diventa un luogo di rivelazioni, di segreti, di ricordi intrecciati a un’altra storia — quella contenuta in un vecchio manoscritto, che ci riporta indietro fino agli anni della guerra, alle persecuzioni, alle scelte difficili di chi ha dovuto rinunciare a tutto, perfino all’amore.
Questa doppia linea temporale — la Bologna degli anni ’80 e il passato della Seconda guerra mondiale — è uno degli aspetti che più ho amato. Non è un artificio narrativo: è una connessione viva tra epoche e destini, un modo per dire che ciò che siamo oggi nasce da ciò che altri hanno vissuto, sofferto, taciuto. La scrittura di Sabrina Gabriele è raffinata e sincera. Ha quella limpidezza che non cerca effetti speciali ma sa accendere la luce nei dettagli: un gesto, una frase, il profumo di una pagina. È una prosa che scivola leggera eppure lascia impronte profonde.
Personalmente, mi sono sentita molto vicina a Vanni. Non perché condivida le sue scelte, ma perché comprendo quella sua tendenza a vivere di rimessa, a custodire i sogni altrui senza più dare spazio ai propri. I buoni propositi ci mette di fronte proprio a questo: al rischio di smettere di desiderare. Eppure, nel romanzo, c’è anche una promessa di rinascita: la possibilità di ascoltarsi. L’autrice scrive — e lo sentiamo vibrare tra le righe — che “per andare incontro al destino bisogna prima di tutto ascoltare”. È un invito a rallentare, a fare silenzio, a lasciare che la vita ci parli davvero. In un tempo in cui corriamo sempre, questa frase suona come un piccolo atto di resistenza.
Non è un libro che va letto di fretta. Va assaporato come un tè bevuto piano, magari tra le mura di una libreria o in una domenica di pioggia. Ci vuole pazienza, sensibilità, voglia di stare nelle sfumature.Chi cerca ritmo, colpi di scena o trame frenetiche potrebbe trovarlo “lento”. Io invece l’ho trovato necessario. In quelle pause, in quei silenzi, in quelle pagine che sembrano sospese, c’è tutto il senso del libro: la possibilità di riscoprirsi.
Mi è piaciuto molto anche il ruolo dei libri stessi — non come oggetti, ma come testimoni di vite. In I buoni propositi, i libri custodiscono biglietti, sogni, ricordi, segreti. Sono ponti tra le persone, tra il passato e il presente. E forse è proprio questo che Gabriele vuole dirci: che la letteratura non è mai un fatto isolato, ma un filo che ci lega tutti, lettori e personaggi, vivi e dimenticati. Alla fine, ho chiuso il romanzo con una sensazione dolce e malinconica insieme: quella di aver letto una storia che non pretende di cambiare il mondo, ma che riesce a cambiarti un po’.È un libro che ti insegna che non è mai troppo tardi per scrivere un nuovo proposito — e soprattutto per provare a mantenerlo.
Consigliato a chi:
ama le storie che parlano di libri e di seconde possibilità;
cerca una narrativa dal tono intimo, delicato e riflessivo;
crede che ogni pagina possa essere un modo per ascoltare la vita.
“I buoni propositi” è un romanzo che non si dimentica in fretta. Ti entra dentro piano, come una lettera trovata per caso in un libro, e quando la leggi, senti che parla anche un po’ di te.





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