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  • Giusy Laganà per Viaggi Letterari

La forma del silenzio - di Stefano Corbetta


"Non pensava alle parole, Leo le vedeva prima che nascessero. Non c'era suono che le rivelasse, non aveva mai ascoltato la voce della madre, non aveva mai sentito Anna chiamarlo per nome. Fin da piccolo aveva imparato a scrutare gli sguardi, decifrare i movimenti impercettibili del corpo, interpretare ogni piccolo segno che potesse nascondere un intenzione".


Stefano Corbetta torna, a partire dal 27 agosto, con un libro nuovo pubblicato da Ponte alle Grazie. Dopo "Le coccinelle non hanno paura" (Morellini, 2017) e "Sonno Bianco" (Hacca,2018), questa volta racconta una storia sulle forme che il silenzio può assumere e sulle solitudini abitate da oscurità e misteri che compongono le nostre fragili esistenze. Quello che può essere buio per alcuni, può diventare luce per altri. Il male può distruggerci ma anche risvegliare forze che non credevamo avere e che rendono possibile la nostra metamorfosi.

La forma del silenzio in cui vive Leo è cupa e ricca di desolazione dove regna la solitudine. Lui è un bambino di sei anni che non può sentire le voci degli altri, i rumori della sera, i risvegli del mattino.



Nessuno può penetrare la parete di cristallo che lo tiene prigioniero lontano dagli altri. Ogni istante in cui deve dire qualcosa é fatto di parole mute sforzate che arrivano da un angelo ferito, da un bambino a metà. Il mondo di Leo è fatto di immagini e di traiettorie silenziose. Le sue giornate sono fatte di rinunce e traguardi che non possono essere raggiunti. Le sue notti sono inquiete, ricche di dolori e domande che non possono essere formulate.

L'unica chiave di accesso al mondo esterno è sua sorella Anna, adolescente. Lei è l'unica con cui comunicare le proprie emozioni e le inquietudini quotidiane. La sordità bilaterale lo ha colto di sorpresa all'eta di un anno e da quel momento Anna, Elsa e Vittorio hanno dovuto imparare la lingua dei segni, inventare un mondo tutto loro per accogliere Leo.

Perché come scrive Stefano Corbetta in queste pagine intense e ricche di silenzi intrappolati e immagini sospese - esiste solo quello che manca. Il resto non lo vediamo - .

Tutto viene filtrato da quello che non possiamo dire, da quello che ci rimane dentro. Leo viene iscritto al Tarra, un famoso istituto milanese per istruire i bambini con sordità. C'è qualcosa in quella disciplina asettica, severa e neutrale che atterrisce il piccolo Leo. Una notte d'inverno del 1964, mentre fuori nevica, succede che Leo sparisce. Questa volta non sono i suoi soliti giochi per rifugiarsi lontano dal mondo che non riesce a raggiungere, questa volta succede qualcosa, scompare per sempre.


La sparizione di Leo segna il trionfo della depressione del padre Vittorio e il ripetersi dell'amore miope e incompleto fatto di arrendevolezza della madre Elsa nei confronti di Anna, distrutta dal dolore. Dopo diciannove anni di silenzio e ricordi ormai sfocati e nebbiosi, la lettera di Michele Grossi bussa alle porte dello studio di Anna, adulta, insegnante e psicologa. Le sedute con Michele iniziano a portare a galla il mistero irrisolto della sparizione del fratello mai ritrovato. Anna viene catapultata nel passato, inizia a pensare a Leo come non mai, a sentire la sua voce muta, a ricordarlo per quello che é stato: un bambino che viveva solo della sua voce interiore.

Michele Grossi la conduce verso l'indiziato numero uno, a suo tempo indagato e interrogato, Giordano Ripoli. Un uomo diviso a metà: una di luce, una di buio. Una parte che esprime attraverso l'arte e una che nessuno riesce a indovinare, neppure la moglie.


In una Milano lontana dal suo essere città ma periferia rurale, i silenzi avvolgono l'aria in modo denso. Tutto è rimasto a quella lontana notte di neve d'inverno, fredda, pronta a coprire ogni ricordo, ogni mistero, ogni malinconia. Il dolore è rimasto ma viene nascosto nella parte più profonda di noi perché si è già sofferto troppo. Giordano Ripoli è davvero il colpevole della sparizione di Leo? Oppure, sono i nostri silenzi, le nostre ossessioni, i nostri dolori a renderci prigionieri di verità che non vogliamo ascoltare e vedere?


Con questo ultimo libro, Stefano Corbetta si è superato sia in termini di costruzione della storia ricca di suspense e toni intensi, sia per una scrittura ipnotica che invade e conquista.



Stefano Corbetta è nato a Milano nel 1970. Accanto alla professione di arredatore di interni, ha affiancato negli anni esperienze in ambiti diversi:la musica jazz, il teatro, la scrittura. Ha tenuto laboratori di scrittura in alcune scuole dell’area milanese. Ha esordito nel 2017 con il romanzo "Le coccinelle non hanno paura" (Morellini). "Sonno bianco", il suo secondo romanzo, è uscito per HACCA nel settembre 2018. Sempre nello stesso anno è stato incluso nella antologia "Lettera alla madre" (Morellini). Nel 2019 ha scritto due racconti che sono stati inclusi nella raccolta "Polittico" (Caffèorchidea) e "Mosche contro vetro" (Morellini). Capace di indagare i silenzi che si annidano nelle nostre inquietudini che facciamo fatica a esprimere e la complessità delle relazioni famigliari, Stefano Corbetta ci porta sempre dentro storie che rimangono sospese ma ricche di significato.


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