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  • Giusy Laganà per Viaggi Letterari

Vorrei abitare nel Queens. Il distanziamento che diventa libertà.



Lo scorso novembre sono stata a New York per il viaggio di nozze. Finalmente partivamo per la grande mela.

Abbiamo fatto alcuni tour tra il Bronx, Brooklyn, Williamsburg e Queens. Oltre al quartiere ultra ortodosso che credo non dimenticherò mai, il Queens è stato sicuramente quello meno impegnativo e più panoramico.

Grosse ville, tutte bellissime, in stile americane, pulitissime, perfette, praticamente da film.

Nel Queens vivono gli americani altolocati e famosi che strutturano la loro vita, tutta quanta, lavoro extra, dentro la loro immensa casa.


La mia prima riflessione è stata quella di giudicare un po' stranamente questi americani che rifiutano passeggiate, aperitivi, negozi, parchi, ma che trascorrono gran parte del loro tempo libero sempre in casa.

La palestra? In casa. Le feste con amici? In casa. E la spesa? Se sono obbligati a uscire, lo fanno direttamente dal loro garage con il loro macchinone a vetri scuri. Praticamente zero interazione. Nessuno li vede. Niente chiacchiere con vicini o caffè con amiche, cinema, selfie al centro commerciale. Niente.

In sostanza attuano quello che oggi, nel 2020, qualche mese dopo quindi il mio viaggio, definiamo distanziamento sociale. Inconsapevole che l'anno nuovo ci avrebbe portato il virus costringendoci a stare chiusi in casa per il Covid 19, giudicavo pigri e solitari questi americani del Queens. Non mi identificavo per niente nel loro stile di vita.


Oggi è tutto cambiato. A soli pochi mesi di distanza la nostra vita è cambiata. Abbiamo dovuto rinunciare a cene e pranzi in famiglia, aperitivi, amici, negozi, parrucchiere, estetista, bicicletta, viaggi. Abbiamo dovuto rinunciare alla nostra libertà. Abbiamo iniziato a usare Zoom, Skype, videochiamate in generale. Siamo rimasti soli, anche se connessi. E ora, cosa succederà? Cosa conserveremo di questa quarantena? Dove andranno le nostre rinunce?

Io, personalmente, ho il ricordo di una routine nuova e inaspettata. La cucina trasformata in un luogo di lavoro, non per cucinare, ma con il tavolo pieno di fogli, computer e stampante. L'alberello di fronte che da spoglio è diventato verde e vivo. Una primavera non vissuta, ma solo respirata dal balcone di casa. Una me ritrovata, nuova, rigenerata.

Io che tanto ragazza sociale non sono mai stata, forse più social, ma che passavo comunque i miei weekend sempre fuori casa, mi sono ritrovata improvvisamente tra le mura domestiche. Ho dimenticato la sveglia delle cinque e mezza che si è trasformata in quella delle otto. Ho dimenticato le corse in autostrada all'alba, il treno, il parcheggio, gli orari, la mia scrivania. Tutto si è ridimensionato. Tutto ha assunto un nuovo volto. Non più' pranzi freddi e veloci, ma pause fatte di tv, pasta al sugo, ricette nuove. Questa nuova vita mi ha cambiata. Mi ha fatta fermare finalmente. E' arrivato quello di cui avevo bisogno.


Quanto tempo, prima, perso per inseguire cose futili. Quanto tempo buttato al vento. Quante energie consumate per riempire attimi che non torneranno e che non serviranno.


Questi mesi mi hanno disintossicata dalle chiacchiere, dai soliti discorsi, dai viaggi lunghi, dallo stress, dai doveri. Perché la mia non è stata solitudine, anche perché sola non sono. E' stato capire che non ho bisogno di incontrare fisicamente le persone o fare tante cose, a me basta così. Mi sono trasformata in una americana che a casa sua può trovare tutto, relazioni comprese.

Tornerò a uscire, tornerò alla vita di sempre, forse non del tutto, consapevole che il tempo è solo mio e di nessun altro. Mi sono ricordata del nostro tour nel Queens e mi sono detta che in fondo, vivere come loro, anche se non ai loro livelli, così tanto male non è.

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