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  • Viaggi letterari

Un classico intramontabile: L’eleganza del Riccio – di Muriel Barbery

Come dimenticarlo?? Da una statistica abbiamo appurato che é un libro che molti lettori hanno riletto spesso, anche più’ di due volte. Allora ci chiediamo perché é un libro tanto amato che viene letto anche più di una volta? Noi rispondiamo che L’eleganza del riccio é un libro unico, con un proprio presente e un proprio futuro, ricco di messaggi e metafore, ma anche una storia che é entrata nel cuore di molti. Esso è un romanzo con un’incredibile protagonista, una donna saggia e forte, e i personaggi sono autonomi, reali, interessanti, affascinanti (sorpresa editoriale nel 2006 in Francia). Molti lettori lo hanno definito il libro più bello che hanno letto nella loro vita. Questo sabato lo dedichiamo a questo libro e ai suoi significati. Di seguito riportiamo una breve trama e la nostra riflessione. Non perdetevela!

L’eleganza del riccio di Muriel Barbery Editore:Gallimard

Sinossi

Siamo in un elegante palazzo abitato da famiglie dell’alta borghesia parigina. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, che appare in tutto e per tutto conforme all’idea stessa della portinaia: sciatta, scorbutica e teledipendente. Niente di strano, dunque. Tranne il fatto che, all’insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta, che adora l’arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Nella sua quotidianità cita Marx, Proust, Kant. Dal punto di vista intellettuale è in grado di farsi beffe dei suoi ricchi e boriosi padroni. Poi arriva Paloma, dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita (il 16 giugno, giorno del suo tredicesimo compleanno, per l’esattezza). Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l’ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l’uno dell’impostura dell’altro, si incontreranno solo grazie all’arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renée.

Due generazioni a confronto, entrambe disilluse e critiche nei confronti dell’ipocrisia societaria. Due personaggi ricchi di valori e principi contro gli ottusi del palazzo. Non é questo un messaggio che sottolinea la necessità di andare oltre gli stereotipi, i pregiudizi e i ruoli prefissati? E’ un romanzo sociologico che delinea tratti e sfumature che hanno sempre caratterizzato le diverse società, di ieri e di oggi ed è questo l’elemento innovativo. Un romanzo contro il soffitto di vetro borghese e il falso moralismo sconfitto solo da un’arma, forse la più potente che abbiamo: la cultura. Tutto questo dietro il sipario del lento scorrere della falsa ipocrisia e dell’eccessiva importanza attribuita alle posizioni socio-econimiche che tendono a dominare e delineare i dettami della modernità. Insomma credono di dover urlare “una portinaia é una portinaia e basta”, é questa l’insegna di quel condominio. Invece si trovano davanti a un personaggio che ribalta tale convinzione e tale condizione sociale. Dunque non é il nostro lavoro, l’essere un ministro o un medico, a delineare il nostro sapere e il nostro saper essere. Qui andiamo contro e dopo ogni stereotipo sociale esistente. Spesso,non sono per forza solo i letterari e gli intellettuali, a rivelare di possedere la conoscenza ma anche la gente “comune” o che a noi sembra comune. Questo é il messaggio del libro di Muriel Barbery, Non possiamo pretendere altro!

“L’uomo, per sua natura, tende a categorizzare, classificare, per delineare la propria identità e il proprio ruolo. Georg Simmel, filosofo e sociologo tedesco diceva che, il povero o il diverso, come categoria sociale, esistono solo perché sono gli altri a definirli tale. Insomma l’essere umano soffre di un complesso di identità che lo porta a credersi sempre superiore dei propri simili. Io dico basta, siamo tutti uguali, la differenza la definisce la nostra unicità con il nostro vissuto, il nostro sapere e il nostro esperenziare. Non è la professione che svolgiamo, il nostro guadagno e il nostro modo di atteggiarci a definirci, se mai ci porta ad essere dentro la massa ipocrita e falsa moralista dell’eleganza del riccio, dove tutti sanno e dicono, ma in realtà sono i veri ignoranti: sono indifferenti alla cosa più importante: il sapere e il saper essere senza vanto”. (G.L.)

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