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Giusy & Isabella

Una stanza tutta per sé: Book Lover e Book Blogger

“Credo che potrei vivere qui lentamente, leggendo in eterno”.

Virginia Woolf


Amare i libri è spesso considerata una follia: ma quando trovi il tempo per leggere? Ma li hai letti tutti quei libri? I classici che noia! Sono alcune delle frasi che ci sentiamo dire, e ogni volta iniziamo uno dei nostri super sermoni per far capire quanto quei libri siano per noi un tesoro emotivo, un rifugio sentimentale, un passaporto per il mondo.



Perché leggere?

Conoscere storie diverse, spesso tormentate, leggere gli altri, addentrarsi in modi di vedere e affrontare la vita, ridere e piangere insieme ai protagonisti, sentirsi parte di un tutto che poi tanto immaginario non è, visitare luoghi lontani, viaggiare nel tempo… il tutto seduti comodamente in poltrona accoccolati sotto una coperta. Leggere aiuta prima di tutto a sviluppare la riflessione. Leggere aiuta a conoscere sé stessi e tutto ciò che ci circonda. Spesso ti salva, ti protegge, ti fa crescere, ti ferisce, ti guida.


In quale altro modo potremmo vivere aspre battaglie con Napoleone, svenire con Dante all'inferno, ballare a Versailles con Maria Antonietta, perderci per i vicoli di Parigi con Hugo, andare alle feste di Gatsby, viaggiare nello spazio con Samantha Cristoforetti???

Voi direte: per quello ci sono film e documentari. Per questa volta evitiamo di bruciarvi al grido di Dracarys (ecco se seguite il trono di spade sapete già perché i libri sono tutta un'altra storia!) e vi spieghiamo la magia delle pagine piene di parole.


In un libro la storia si fa in due in contemporanea. Scrittore e lettore creano una sinergia unica e personale, che con le medesime parole acquista un significato universale e particolare in una contemporaneità unica che nessun altro mezzo di comunicazione può ottenere.

Proprio per questo un lettore ama fortemente i suoi libri perché sono il suo veicolo per una conoscenza non solo dell’altro, ma di sé stesso. Perché come Marcel Proust ci ricorda, «ogni lettore, quando legge, legge sé stesso.»


Chi è quindi il booklover?

Un amante dei libri a tutto tondo e con tutti i sensi, chi vive l'esperienza della lettura immergendosi completamente nelle sensazioni che ne derivano (sfogliare la carta, annusarla, interiorizzare le parole, affezionarsi ai protagonisti, entrare nei luoghi, sentirsi parte del tutto narrato). Ammettiamo di essere però spesso anche libromani: andiamo a caccia di gadget a tema letterario attirati come orsi con il miele! Essere un amante dei libri significa prima di tutto sentire il richiamo ogni qual volta s’incontri, quasi mai casualmente, una libreria. Essere un lettore significa prima di tutto passare tanto tempo da soli con sé stessi e star bene, sentendosi in connessione universale attraverso pagine che in quel momento vengono lette dall'altra parte del mondo. Quando sei un “lettore forte”, vale a dire un lettore abituato a leggere molto e che sa vivere l'esperienza della lettura con spirito critico oltre che ludico e conoscitivo, diventa un’abitudine avere sempre in borsa un libro, seguire le classifiche di quelli più venduti e partecipare alle presentazioni. Può capitare che da frequente abitudine, leggere diventi parte della nostra vita. In alcuni casi leggere diventa uno status. Spesso, come nel nostro caso, leggere diventa un’urgenza. Diventa quasi fame o sete.


Quando un booklover sente la necessità di uscire dalla sua stanza dei libri per confrontarsi con altri lettori ecco che, quasi inconsapevolmente, si troverà a vivere i social network alla ricerca di luoghi virtuali in cui esprimersi, fino a sentire il bisogno di cercare un luogo tutto per sé in cui raccontare sé stesso attraverso le pagine dei libri letti. In quel preciso istante nasce il bookblogger: chi ama parlare di libri in rete e condividere opinioni sulle letture e segnalare novità in libreria.


Tutto si trasforma nella creazione di un blog o una pagina social per far sapere agli altri la nostra opinione su un determinato libro o per diffondere una frase che ci porteremo dentro. In questo l’amante dei libri subisce una metamorfosi. Leggere diventa una condizione quasi prioritaria della vita, un aspetto della propria esistenza. I libri diventano essi stessi una stanza liberatoria. Diventano un mondo parallelo che ci consentono di evadere dalla realtà per sviluppare altre esistenze, altre vite e poter essere più anime. Come scriveva Umberto Eco «chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.» Leggere diventa una conditio sine qua non per vivere e costruire la nostra identità.


La letteratura è il cuore pulsante della nostra stanza tutta per sé. Un luogo liberatorio dove perdersi tra le pagine di un mondo sconosciuto. Un libro ci aiuta a riflettere o a scoprire un aspetto sconosciuto della nostra vita. Aspettiamo l’uscita di un libro con foga e curiosità per divorarlo in un frammento di tempo che si muove a rilento. Nel momento stesso in cui apriamo quel libro, lo facciamo con piena consapevolezza che qualcosa di noi cambierà per sempre, perché lo faremo nostro. Leggiamo in treno, la sera prima di andare a dormire, magari prima di cucinare o in qualsiasi altro momento della nostra giornata libero da dedicare a noi stessi. Costruiamo un mondo, uno spazio, una stanza dove siamo davvero noi stessi, lontani da tutto ciò che abbiamo intorno.

Costruiamo una stanza tutta per noi, dove le pareti hanno alte e ricche librerie. Costruiamo un luogo nella nostra memoria dove incontrare i personaggi dei grandi classici come Jane Eyre, Anna Karenina, Amleto, Don Chisciotte, Renzo e Lucia, il Mago di Oz, Jo March, ma anche il giovane Holden, Dorian Gray, Mattia Pascal, Ulisse, Harry Potter, Willy Wonka e tutti quei personaggi che hanno significato qualcosa per noi. Mentre siamo dentro la nostra “stanza”, i social come Instragram, Facebook o Twitter diventano veicoli per “riempire” la rete di fotografie, commenti, likes, condivisioni di libri e aggiornamenti di stato con frasi o definizioni. La nostra stanza si affolla di immagini, commenti, post e recensioni. E mentre il mondo continua la sua corsa frenetica all’apparenza, al successo e alla frivolezza, noi ci rinchiudiamo nella nostra “stanza” per difenderci, proteggerci, consapevoli che aperto quel libro la nostra vita diventerà più affollata, ricca e sicura. Il Book blogger diventa colui che non si limita a concludere il libro. Una volta terminato, sente il bisogno di scrivere o lasciare nel Web un commento, un parere o come succede più di frequente, una recensione. Chiamateci folli, disperati, fissati. Giudicati come l’ultimo ingranaggio della filiera editoriale, “addetti stampa” non legittimati ad esserlo, i blogger divulgano sempre di più la promozione di un libro apprezzato quasi come una missione. Scrivere una recensione diventa l’unico mezzo per lasciar andare la nostra lettura, per farla volare nella rete, per guardarla mentre si allontana, consapevoli che una volta finito il libro e sistemato con cura nelle nostre librerie domestiche, esso farà sempre parte di noi.


Intorno a questo mondo di carta e parole si creano connessioni reali tra persone, com’è successo a noi, ci si incontra nel mondo reale e virtuale come nei caffè letterari di primo Novecento e si dibatte, ci si confronta, ma soprattutto si scambiano idee e visioni. Gli scrittori non sono più inaccessibili. Oggi possiamo scrivere in tempo reale, mentre leggiamo, le nostre sensazioni, confrontandoci con chi le ha scritte in una sinergia immediata e magica. Gli scrittori diventano nostri amici, dividono con noi la gioia o la delusione per pagine amate o non capite e si finisce per condividere il reale attraverso il virtuale rompendo gli schemi della comunicazione.


Ovviamente ci sarà sempre chi preferirà la suddivisione degli ambiti, la rigidità delle comunicazioni, il giornalismo formale. Ben venga, se serve a parlare di libri e avvicinare alla lettura, ma permetteteci di dire che noi invece saremo sempre così: spontanee, dirette e senza maschera perché la cultura non si nasconde dietro un vocabolo altisonante o un concetto complesso; la cultura si veicola con la semplicità dell'espressione e la vitalità della comunicazione.

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