Intervista a Jacopo Zonca - Il mondo è un'altra cosa Epika edizioni
Caro Jacopo, prima di tutto grazie mille per l’intervista rilasciata a Viaggi Letterari. Il 7 maggio 2020 è uscito il tuo nuovo libro “Il mondo è un’altra cosa” pubblicato da Epika Edizioni. Il tuo è un libro che prima di tutto racconta di personaggi che ogni giorno devono affrontare i propri demoni reali e non reali. Chi sono i protagonisti di questo libro e che direttive seguono sia caratteriali sia narrative?
Grazie a te! Seguo il tuo blog da un bel po’ e sono onorato che tu mi abbia dato questa possibilità!
I protagonisti di questo libro sono personaggi molto diversi fra loro, non solo per carattere, ma anche per stili di vita, idee e ambizioni ma come dicevi tu, ogni giorno, devono affrontare i propri demoni, e questo li lega. Avevo l’ambizione di raccontare frammenti di vita di personaggi opposti ma che vanno a comporre quel grandissimo mosaico che è l’umanità, un mosaico dove troviamo bellezza e orrore, violenza e tenerezza. Nel libro troviamo un contadino, un attore, un insegnante, alcuni gangster serbi, solo per citare alcuni personaggi. Come vedi sono figure diverse, ma oltre al fatto di essere legate da una sofferenza, sono simili perché cercano di seguire i loro istinti.
A proposito di personaggi, uno di essi è Sara, una ragazza che ama più le lavatrici che gli esseri umani. Anche lei è un altro personaggio “borderline”, da dove nasce? Ti sei ispirato a qualcuno?
Sara vive una dimensione tutta sua, come del resto tutti gli altri personaggi del libro. Nasce da un’idea molto semplice: da piccolo ho sempre trovato rilassante il suono delle lavatrici in azione, non in centrifuga ovviamente, ma proprio quando inizia il lavaggio, quando i panni bagnati buttano fuori la schiuma e girano nel cestello… potevo passare parecchio tempo davanti alle lavatrici, quindi ho pensato di sfruttare questa idea e di creare il personaggio di Sara, aggiungendoci ovviamente qualche disturbo e qualche sfiga in più.
I personaggi femminili sono fantastici! E penso che entrare nella psicologia di una donna sia una grossa sfida per chi scrive.
I tuoi sono racconti di vita di personaggi molto diversi ma accomunati da un tormento, da un dubbio o un ideale centrale nelle loro esistenze. Quanto è difficile per loro fronteggiarli o portarli avanti?
Nella loro realtà sono sovrani e schiavi, hanno chiaro quello che vogliono anche se tormentati, trovano le difficoltà e gli ostacoli maggiori quando capiscono che oltre alla loro visione ce n’è un’altra, una visione esterna che fa a cazzotti con la loro idea di vita.
In bilico tra la loro follia e la “normalità” che ricordiamo non esistere, ricordano l’incertezza di tutti gli uomini e donne, le persone comuni che ogni giorno devono cercare di vivere o sopravvivere reagendo ai condizionamenti esterni. Quanto la loro vita interiore e i loro demoni cambiano le carte in tavola?
Hai detto bene, la normalità non esiste. Il titolo può essere interpretato in diversi modi, per questo mi piace. Questi personaggi sono convinti di essere nel giusto, anche un personaggio come quello di Christian Venturi, un violento estremista di destra, è convinto di essere nel giusto, anche se quello che progetta e che pensa è dettato dalla sua malvagità. Chi si sente fuori dal mondo è convinto di avere tutti contro, di conseguenza questi personaggi si trovano perennemente in uno stato di tensione.
“Il mondo è un’altra cosa” è il tuo secondo romanzo. Cosa è cambiato rispetto al primo lavoro al livello stilistico e come sei cambiato tu sia come scrittore sia come artista?
Bella domanda. Il mio primo libro, 52 49, fondamentalmente è un racconto lungo e questo secondo volume lo considero un ibrido fra un libro di racconti e un romanzo, perché i personaggi hanno caratteristiche psicologiche in comune e alcuni si incontrano nei vari racconti.
È cambiata la mia percezione delle cose. Quando sono riuscito a pubblicare il primo ero già soddisfatto così, ero molto ingenuo. Ora invece sono leggermente più ambizioso, ma allo stesso tempo aumenta l’ansia perché piano piano sto imparando a conoscere il mercato editoriale, ed entrano in gioco diversi fattori che prima non consideravo.
Per quanto riguarda l’aspetto stilistico non credo di essere cambiato molto. Mi piace scrivere al presente perché mi è più facile e credo sia uno stile diretto. In questo secondo libro, ho voluto sperimentare di più, utilizzando anche la prima e la terza persona, ma anche una forma che non spesso si legge che è quella della seconda persona, una specie di io giudicante che non la smette di parlare, una meraviglia per un lettore. Vorrei consigliare il romanzo “Le mille luci di New York” di Jay McInerney, scritto tutto in seconda persona. Una bomba!
Raccontaci chi sei nella vita e quali sono le tue abitudini come scrittore? Hai ossessioni particolari o “nevrosi” quando inizi a scrivere? Dove scrivi? Quando hai iniziato e quando hai capito che poteva essere la tua strada?
In genere scrivo alla mattina, in mansarda che è uno spazio di totale libertà per me, non ho nevrosi particolari quando scrivo, se non segnarmi su un foglio delle cose che magari non hanno senso ma che segno solo per il gusto di farlo, accompagnando le parole a degli scarabocchi. Io non credo a quelli che dicono che la scrittura derivi dalla sofferenza. Mi spiego, è fondamentale buttare fuori il proprio dolore, ma proprio mentre si scrive bisogna stare bene. Per quanto mi riguarda la scrittura deve essere energia, intrattenimento, evasione e anche esibizione. Bisogna avere il dolore a fianco per poterne parlare, non esserne completamente travolti, altrimenti non si riesce a funzionare, almeno secondo me.
Per quanto riguarda l’inizio… Ho scritto il primo racconto a diciassette anni. Era un horror dove un ragazzo timido e disturbato tagliava la testa con una motosega al classico “figo della scuola”, aveva qualcosa di buono ma per il resto era orrendo e fortunatamente non l’ha letto nessuno. In quegli anni mi sono anche appassionato al cinema e ho cominciato a vedere qualunque film mi capitasse a tiro, scrivevo anche recensioni di film su un blog e mi tenevo in esercizio. Poi dopo il diploma mi sono trasferito a Roma, ho studiato cinema e poi teatro. Da quando sono salito sul palco è cambiato tutto. Scrivevo dei monologhi non solo per me ma anche per gli altri compagni con cui avevamo formato una minuscola compagnia che adesso non esiste più. La recitazione per me è stata importantissima, ha sbloccato delle cose ed è stata fondamentale per la scrittura, così come la mia passione per il cinema. Mi ritengo un cinefilo da combattimento.
La copertina del libro ricorda un romanzo storico. In realtà, come tu stesso mi hai raccontato. la figura è quella di un samurai. I tuoi personaggi sono guerrieri che tutti i giorni devono affrontare la routine, i nemici reali o immaginari o semplicemente loro stessi. Quanto è difficile per te Jacopo rimanere fedele a te stesso e quanto è difficile per i tuoi protagonisti?
Per i protagonisti del libro credo sia più semplice. Io cerco di essere più autentico possibile, ma come tutti ho delle paure che mi divorano. Ci sono alcune cose della mia vita che mi rendono contento e altre invece un po’ più delicate che mi trascinano in un abisso da cui spesso mi sembra di non poter risalire. Un po’ come i miei personaggi. Ma si tratta comunque di fantasia, e nella fantasia tutto è più facile. C’è una frase di “Nuovo cinema paradiso” che cito molto spesso, perché dannatamente vera: “La vita non è come l’hai vista al cinematografo, la vita è più difficile”.
Domanda delicata: hai già in cantiere un altro romanzo?
Per ora ho solo qualche idea. Il racconto, lungo o corto è la forma che fino ad ora mi è stata più congeniale. In futuro mi piacerebbe scrivere un bel mattone.
Cosa leggi come lettore? Hai degli ideali letterari?
Leggo di tutto, se scrivi è importante leggere tantissimo e cose diverse tra loro. Ci sono naturalmente degli scrittori che hanno ribaltato la mia vita, come Bret Easton Ellis, Irvine Welsh, David Foster Wallace, Don winsolw, Kafka, John Updike, Edward Bunker, Agota Kristof … Ultimamente sono rimasto folgorato dalla trilogia “Abbacinante” di Mircea Cartarescu, e sto recuperando diversi libri di Antonio Moresco. Anche la visione di tanto cinema sia contemporaneo sia del passato per me è fondamentale, ma non ti posso fare l’elenco degli autori cinematografici che amo altrimenti rischiamo di creare una lista infinita. Ne cito solo qualcuno: Paul Thomas Anderson, Lars von trier, Nicolas Winding Refn, Quentin Tarantino, Ingmar Bergman, Sam Peckinpah, Takeshi Kitano, R. W . Fassbinder... e tantissimi altri.
Cosa vorresti consigliare ai tuoi lettori?
Uh! Che bella domanda. Direi loro quello che dico a me stesso, cioè di lasciarsi andare il più possibile alle storie.
Cosa pensi della crisi dell’editoria di oggi? Come la comunicazione può aiutare questo settore a mantenere la sua rilevanza socio-economica?
Domanda difficile. Non saprei perché non sono un editore e come ti dicevo prima, il mercato editoriale lo sto conoscendo piano piano. Credo che probabilmente si abbia più voglia di scrivere che di leggere. Certo, io rientro fra quelli che hanno voglia di scrivere, ma ho anche molta voglia di leggere e scoprire autori nuovi, che mi facciano viaggiare lontano. Essere lettori forti e spettatori attenti non è soltanto utile, ma fondamentale e credo che non si debba mai smettere di imparare.
La comunicazione web penso sia importantissima oggi, specialmente per chi è alle prime armi e fa fatica ad avere recensioni su testate cartacee. Fare rete e anche creare degli spazi on line sicuramente può aiutare anche a rendere più seducente la lettura. Le librerie per me rimangono importantissime, dobbiamo sostenerle, soprattutto quelle indipendenti. Io sono entrato in contatto con Epika, proprio frequentando una libreria : i Diari di bordo, di Alice Pisu e Antonello Saiz. Librai, stupendi e preparatissimi che mi aiutano parecchio.
Per quanto riguarda la scrittura, penso che il modo migliore per fare breccia nell'anima di chi legge rimanga uno: scrivere con il cuore.
Grazie mille per l’intervista!
Giusy Laganà
www.viaggiletterari.com